Rifiuto liquido.

autobotte-per-espurgo

Il rifiuto in base alla definizione del Codice Ambientale è inteso come "qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi".

Chi è il detentore ?

"E' il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che li detiene".

Uno scarico di acque reflue che non dispone di una pubblica fognatura o che per una ragione specifica non può essere immesso nella stessa diventa rifiuto liquido.  Qual è la differenza tra un rifiuto liquido e uno scarico di acque reflue?

Sono considerati rifiuti liquidi tutti i liquami (compreso i reflui) che per qualunque motivo non sono o non possono essere recapitati in fognatura pubblica. Come largamente articolato e evidenziato in precedenza, nell'articolo relativo all' AMBIENTE, il Codice Ambientale, che si occupa anche di RIFIUTI LIQUIDI, ha inserito in questa categoria anche i REFLUI che non hanno recapito in fogna o che per vari motivi non possono essere scaricati in fognatura pubblica e cioè:

Scarico Refluo Rifiuto Liquido
Per scarico refluo si intende qualunque immissione nella fognatura pubblica di acque usate per qualunque attività (umana, produttiva, commerciale, industriale, artigianale,ecc.)     Sono considerati rifiuti liquidi tutti i liquami (compreso i reflui) che per qualunque motivo non sono o non possono essere recapitati in fognatura pubblica.
Normativa di Applicazione in base al T.U.A.
Il D.Lgls. n. 152/06, nella parte III, "Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche", che prevede:     Il DGls 152/06, nella parte IV, "Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati", che prevede norme specifiche riguardanti lo Smaltimento e la Gestione dei rifiuti.
Tutti gli scarichi sono disciplinati e devono rispettare i valori limite (Allegato 5 alla Parte Terza) del decreto (art. 101).       
In pratica cosa occorre?
Autorizzazione allo scarico in fogna ai sensi dall'articolo n. 124 del DLgs 152/06.   Autorizzazione alla Gestione dei Rifiuti ai sensi dell'articolo n. 182 fino al n.193 del DLgs 152/06.

Trattasi di una differenza di tipo giuridico atteso che per lo scarico delle acque reflue esiste l'istituto della autorizzazione allo scarico: ne discende che quelli non autorizzati come tali, siano compresi in una categoria diversa, anch'essa assoggettata all'obbligo di autorizzazione, ma, finalizzata alla gestione dei rifiuti. L'interpretazione di questi due concetti, in considerazione delle stringenti norme che le regolano, ha comportato diverse discussioni che hanno investito sia il Parlamento che la Suprema Corte. Qui di seguito cerchiamo di entrare nel merito di dette discussioni, analizzando Leggi e Sentenze al riguardo. Infatti, sotto la vigenza delle normative precedenti (D.L.vo 152/99 e D.L.vo 22/97), la chiave di lettura per capire quando applicare l’una o l’altra risiedeva nella distinzione tra “rifiuto liquido(soggetto al D.L.vo 22/97 ai sensi dell’art. 8) e “acque reflue(cioè acque di processo o di scarico) che restavano escluse dal D.L.vo 22/97 ai sensi del medesimo art. 8. Tali acque reflue erano considerate “rifiuti liquidi” nel caso in cui si interrompeva il nesso funzionale e diretto dell’acqua reflua con il corpo idrico ricettore e la conseguente riferibilità dello scarico (“immissione diretta tramite condotta”) al medesimo soggetto. La successiva entrata in vigore del D.L.vo 152/06 ha apportato sostanziali modifiche, in quanto l’originaria nozione di scarico di cui all’art. 74, co. 1, lett. ff) del D.L.vo 152/06 intendeva per “scarico: qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti dall’articolo 114”.

Da quanto sopra emerge l’omissione dell’espressione “diretta tramite condotta” rispetto alla definizione di cui al D.L.vo 152/99, anche se secondo la sentenza Cass. III Pen. 35888 del 26 ottobre 2006, anche dopo l’entrata in vigore del D.L.vo 152/06, integra “scarico” in senso giuridico qualsiasi sistema di deflusso, oggettivo e duraturo, che comunque canalizza (senza soluzione di continuità, artificiale o meno) i reflui dal luogo di produzione al corpo recettore. Ancora, per Cass. III Pen. 2246 del 16 gennaio 2008 il parametro di riferimento per individuare – in materia di rifiuti liquidi o semiliquidi di cui il detentore si disfa o intenda o sia obbligato a disfarsi – l’ambito di operatività della disciplina speciale relativa agli scarichi delle acque reflue nei corpi recettori rispetto alla disciplina generale sui rifiuti è rappresentato dalla esistenza o meno di un sistema di convogliamento delle acque nel corpo recettore, indipendentemente dalla loro natura inquinante. Resta, peraltro, inteso, come precisa Cass. III Pen. 6417 del 11 febbraio 2008, che le violazioni in materia di scarico trovano applicazione soltanto se il recapito dei reflui nel corpo ricettore sia “diretto”; se presenta, invece, momenti di soluzione di continuità (esempio: lo scarico dei reflui in vasche e il successivo trasporto in altro luogo tramite autobotte), si è in presenza di un rifiuto-liquido, il cui smaltimento deve essere come tale autorizzato. Pertanto, deve continuare a ritenersi che i cosiddetti “scarichi indiretti”, cioè quelli che non raggiungono immediatamente un corpo ricettore o un impianto di depurazione, continuano a essere disciplinati dalla normativa sui rifiuti e invero, qualora il collegamento tra fonte di riversamento e corpo recettore è interrotto, viene meno lo scarico per fare posto allo smaltimento del rifiuto liquido. Successivamente, con la modifica introdotta dal D.L.vo 4/08 vi è un esplicito rimando alla definizione dell’art. 74 ormai finalmente ritornata di fatto sostanzialmente identica a quella di cui al D.L.vo 152/99 (per cui risultano ancora indispensabili le condizioni della convogliabilità diretta in un corpo recettore tramite conduzione), per cui, oggi la nuova nozione di scarico è così definita dall’art. 74 come “qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all’articolo 114”.